La Legge 219/17 su “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” ha specifiche finalità, obiettivi e implicazioni.

Il contenuto e i principi della Legge 219/2017 confluiscono nel riconoscimento inequivocabile della persona e del paziente come coprotagonista dei trattamenti sanitari a cui è – o potrebbe in futuro – essere sottoposto a causa dell’insorgere di una malattia.

Se diverse possono essere le valutazioni su come la legge affronti temi cruciali – quali salute, cura dignità e rispetto della persona, fine vita – è inequivocabile che la legge costituisca il riconoscimento della capacità e del bisogno basilare di ogni persona di esprimere un proprio progetto di esistenza, in qualunque fase della sua vita, anche e soprattutto quando si trovi in una condizione di estrema fragilità (OPL, 2019).

La Legge 219 ribadisce la centralità del consenso informato e approfondisce alcune questioni importanti: il riconoscimento di un ruolo attivo del paziente rispetto al rapporto con i sanitari, la riduzione delle asimmetrie informative attraverso una piena attuazione del principio del consenso informato, e l’effettività del concetto di cittadinanza e del principio di autodeterminazione.

Oltre a tali principi la legge fornisce una serie di indicazioni operative che vanno oltre la qualità tecnica delle prestazioni e che si sostanziano in una ricerca continua, ragionata e condivisa di una relazione terapeutica autentica e consapevole tra il medico e la persona del paziente.

La novità, cioè il nuovo compito introdotto dalla legge, presuppone un confronto sistematico col paziente, come peraltro già dovrebbe essere in ogni rapporto di cura, per fornirgli le informazioni sulle sue condizioni cliniche e supportarlo ad affrontare lo stress conseguente; con il compito aggiuntivo di aiutarlo nel manifestare le sue intenzioni rispetto ai modi in cui intende affrontare la sua sofferenza e la sua morte, raccogliendone le sue volontà (AIP, 2018).

La meta resta quella di considerare la persona come fine e non già come mezzo e di vedere nella dignità il segno distintivo della comune appartenenza all’umanità, di un reciproco riconoscimento di quest’ultima e di una esigenza di tutela della persona in quanto tale.

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